Campo obbligatorio
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Tema di Carolina, 15 anni: ricordo al Rifugio Lagazuoi

Cari lettori, lo so: non è tempo di viaggiare, siamo fermo da mesi ed è appena stato annunciato il secondo lockdown, da noi in Lombardia non possiamo nemmeno muoverci all’interno del nostro comune di residenza, ma l’immaginazione, quella no, non si ferma, perchè di sognare è sempre tempo!

Inauguriamo l’edizione invernale della nostra rivista di viaggi ricordando un posto magico e geograficamente vicino: alcuni di noi ci possono andare subito, gli altro…speriamo presto! 

Neve, freddo, sci in spalla; ma anche estate, camminate, profumo di resina: tutto questo è il Lagazuoi. Il nostro posto del cuore questa volta si trova a due passi dal ‘bling bling’ di Cortina d’Ampezzo, ma allo stesso tempo in un altro mondo, in un’altra epoca. 


Guido Pompanin

Per immergercisi si prende la funivia che dal Passo Falzarego sembra volersi schiantare su una parete verticale di roccia: a ben vedere, a mezz’aria è aggrappata una piccola costruzione, il rifugio del Lagazuoi.

L’ultima funivia della giornata parte alle 16.45 e ci porta sulla terrazza in legno del rifugio in tempo per godere dello spettacolo del tramonto su alcune delle cime più belle dell’arco alpino, sorseggiando un punch caldo.  

Il ritmo della permanenza non varia tra l’inverno e l’estate: la cena rigorosamente alle 19.30, la colazione alle sette del mattino. Eppure questi cardini temporali quasi monastici racchiudono ore magiche.

Il rifugio è solido, costruito per resistere alla tramontana e alle raffiche di neve gelata che a 3.000 metri di altitudine possono essere sferzanti, piccolo e compatto, quasi accasciato su un ripiano roccioso, e offre due alternative di soggiorno: la camerata, che comprende una ventina di letti a castello in uno stanzone unico, e le stanze “private” (con bagno in comune a 2-3 stanze) a due, tre, quattro letti. 

La camerata è sicuramente divertente quando si è con un gruppo grande di amici, però è nell’interrato e, per quanto confortevole e pulita, piuttosto spartana.

Vi consiglio, invece, di prenotare (con largo anticipo, perchè sono poche e molto richieste) le camerette: situate al primo piano, permettono di godere della vista meravigliosa sulle dolomiti sempre innevate, e del cielo che quassù è infinito, stellato, magnifico.

L’arredamento delle camere è esattamente quello che vi aspettate: pareti in legno, armadi antichi tirolesi dipinti a fiori, letti intagliati, piumini in cui sprofondare, biancheria - tendine incluse - a quadretti rossi e bianchi. La luce delle lampade a forma di candela è calda e soffusa, illuminando qua un angioletto in legno dorato, là un dipinto a olio delle montagne.  

Tutto il rifugio conserva il fascino d’antan della montagna ottocentesca: pavimenti e scale in legno scricchiolante, tessuti dai colori smorzati nei toni del rosso e del marrone, finestre piccole a doppio vetro a protezione dal freddo, i bagni e la cucina lindi ed essenziali.

Oltre il terrazzo una piccola struttura lignea sporgente sull’abisso alberga la sauna con vista, carezza al fisico provato dal clima e dagli sforzi.  

Dopo essersi persi nel silenzio e nel panorama ineguagliabile a 360 gradi, dopo l’obbligatorio pellegrinaggio di poche centinaia di metri alla croce della vetta che si erge dai ghiacci perenni, è ora di cena, un menù fisso “montanaro” locale: zuppe, canederli, stufati, patate, strudel con la panna. Una volta rifocillati, ci si ritrova tra sconosciuti a giocare a carte, magari in terrazza, sotto la volta stellata, riscaldandosi con una grappa.  

Il sonno è profondo e ristoratore. La mattina presto l’aria è così tersa che sembra emanare un rumore cristallino: quasi, a muoversi, si teme lo scenario possa frantumarsi in mille coriandoli di vetro luccicante.  

La colazione è robusta, come si confà all’ambiente alpino; salato e dolce, e offerta di correzione nel caffelatte.


Guido Pompanin

D’inverno bisogna esser pronti a partire con gli sci prima dell’ondata in arrivo con la funivia delle 8.30: solo così si avrà per sé la pista di neve incontaminata, fiancheggiata da rocce a strapiombo e boschi di abeti. A metà discesa, sosta obbligata nell’allevamento di alpaca per i canederli dolci alla crema di vaniglia. Poi giù, a perdifiato, soli nella natura esaltante, il silenzio rotto dalla neve che cade dai rami, la vista immacolata punteggiata da branchi di cerbiatti, fino a raggiungere la posta dei cavalli da traino: attaccati a una fune torneremo alla realtà.

 D’estate imbocchiamo dal terrazzo, con scarponi adeguati e zaino in spalla, la via delle trincee della prima guerra mondiale. Preparatevi ad emozioni forti, vedendo come ragazzi italiani e austriaci vivevano e morivano, esposti alle intempereie, alle privazioni, al fuoco nemico, nel nome dell’ideale patriottico. Sono visibili reperti e suppellettili che stringono il cuore e ci fanno apprezzare la vita e la libertà che il loro sacrificio ci hanno garantito. 

La discesa nelle trincee ci riporta alla partenza della funivia, dopo aver vissuto cent’anni di storia in una camminata d’un paio d’ore...

Il rifugio Lagazuoi è questo: natura, storia, emozione. Tutto quello che vi si vive è impregnato  di questi tre elementi, inscindibili, intrecciati, cui fanno da sfondo le Dolomiti e più oltre il cielo, ‘sereni, infiniti, immortali’. Noi, la nostra vita, il virus, il lockdown, la storia, le guerre, rimpiccioliscono di fronte a questi giganti, e lasciano posto solo al passaggio di testimone fra generazioni, all’ombra benevola del Lagazuoi.